In questi giorni, il consiglio comunale di Vicenza si riunirà per esprimersi sulla sorte dell’area aeroportuale Dal Molin interessata da un faraonico progetto di insediamento militare americano. Progetto sul quale il governo degli Stati Uniti ha intenzione di investire 800 milioni di dollari per la realizzazione di una nuova superbase, con lo scopo di riunificare la 173° brigata aerotrasportata, portando a Vicenza 1.600 militari (più 2.000 civili) attualmente dislocati in Germania.Un nuovo insediamento militare che, assieme alle decine di installazioni USA/NATO e non che infestano Vicenza, rappresenterebbe l’ennesimo scempio sociale, economico, ambientale ed occupazionale.Su questa vicenda e per diversi mesi mesi, si è assistito ad un rimpallo di responsabilità tra amministrazione comunale di centro-destra e governo Prodi su chi debba prendere la decisione fianale. In realtà, entrambi gli schieramenti sono favorevoli alla concessione dell’area Dal Molin al governo americano, ma nesuno vuole assumersi le conseguenze politiche di questa decisione di fronte alla determinata opposizione della maggioranza della popolazione di Vicenza che è contraria a questo progetto.Le recenti dichiarazioni del rappresentante sindacale dei lavoratori civili della base di Aviano della Cisl, Eugenio Sabelli, evidenziano la stretta relazione che passa tra Vicenza e Aviano. E infatti, l’eroporto di Aviano dovrà funzionare da supporto alla futura base vicentina, con gravi ricadute sul piano ambientale per le popolazioni civili della pedemontana, già pesantemente penalizzate dall’intensa attività della “Pagliano e Gori”. Ma, le intenzioni di Sabelli di raccogliere firme per chiedere che venga approvata quanto prima la nuova struttura militare, risultano completamente prive di lungimiranza e rischiano di condannare, invece di proteggere, i già precari e vessasti posti di lavoro fin’ora occupati. Questo stesso progetto vicentino è in effetti in controtendenza rispetto ad una diffusa dismissione di installazioni USA/NATO in Europa e in Italia (vedi arcipelago de La Maddalena, in Sardegna). Le scelte che stanno all’origine di queste basi militari non sono finalizzate a creare occupazione e sviluppo economico di un territorio, ma esse sono frutto di decisioni militari e geopolitiche. Pertanto, è evidente che queste strutture siano da intendere come enormi accampamenti completamente avulsi dal territorio, che sfruttano energie e ricchezze locali per poi scomparire, lasciando solo danni e costi per chi vi abita…questo è il futuro di tutte le basi militari e ci sono studi e dati che lo comprovano. Se poi consideriamo che il 37% dei costi per il mantenimento delle basi USA e delle truppe americane di stanza in Italia è a carico dei contribuenti nostrani, come emerge dal Bilancio delle forze armate USA del Dipartimento della difesa e del Congresso (il Parlamento) degli Stati Uniti, possiamo tranquillamente concludere che se questi soldi fossero stati investiti a favore dell’occupazione, i posti di lavoro sarebbero di molto superiori a quelli “offerti” dal governo degli Statiu Uniti – questi prelievi si chiamano "burden-sharing" ("condivisione del peso") e i comandi militari Usa stimano che soltanto per le opere e i servizi nella base di Aviano" i contribuenti americani hanno risparmiato circa 190 milioni di dollari".Il futuro dei lavoratori civili è strettamente legato alla coversione di queste aree da militari a civili, come è emerso durante il covegno internazionale “La coversione possibile” organizzato dal “Comitato Unitario contro Aviano 2000” assieme all’ass.ne “L’Ambiente è vita“ nel settembre del 2004. La preziosa relazione di un esponente del BICC (Bonn International Conversion Centre) sulle centinaia di conversioni avvenute in Germania e non solo ci ha dimostrato come la “qualità della vita” del territorio sia migliorata grazie a questi progetti di conversione. Questo però è potuto avvenire solo attraverso la partecipazione globale della cittadinanza e degli attori sociali e istituzionali del territorio interessato, innescando una dinamica vituosa di riappropriazione ambientale ed economica di queste aree (spesso molto vaste) incentivando progetti ecologici e installazioni ad usi civili di utilità e benessere sociale, interessando la rioccupazione dei dipendenti civili delle ex Basi in misura non di centiania ma di miglialia di lavoratori.Continuare ad aggrapparsi a strutture che non hanno futuro e che imbavagliano un paese o una città per poi lasciarvi il vuoto totale è oltremodo masochistico nonchè ideologico.E’ ora di rimboccarci le maniche. Comitato Unitario Contro Aviano 2000
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