C’era da aspettarselo: un altro aereo è precipitato e non sarà l’ultimo. Solo per un colpo di fortuna questa volta non ci sono state vittime civili, ma poteva essere una strage. Un F16 decollato dalla base di Aviano, precipitando, ha sfiorato le abitazioni di Fusine e Soramaè, piccole frazioni di Zoldo Alto, in provincia di Belluno, per poi disintegrarsi, sotto gli occhi sbalorditi dei residenti, in un bosco vicino.
Immediato il ricordo al 3 febbraio 1998, quando un aereo militare partito sempre dalla base di Aviano tranciò il cavo della funivia del Cermis, in Val di Fiemme e provoco la morte di 20 persone.Oggi, per un caso, abbiamo sfiorato la tragedia, ma domani?
Finché non saranno terminate le operazioni, condotte dall'aeronautica americana, di recupero dei pezzi
del caccia e della successiva bonifica, un'area di 150 metri di diametro attorno al punto di impatto sarà
considerata “zona rossa”; no solo, tutti gli interessati e i testimoni sono stati intimati al silenzio, gli sono
stati sequestrati oggetti e vestiario ed ancora s'è venuti a sapere che una certa quantità di idrazina
(tossica e cancerogena) è fuoiriuscita dopo l'impatto.
Questi sono i costi che siamo costretti a pagare per subire la presenza sul nostro territorio di una struttura militare che è diventata la più importante base nucleare d’Europa e che è lì a ricordarci il rapporto di sudditanza dell’Italia alla politica estera degli Stati Uniti.
Sono anni che denunciamo i rischi per le popolazioni dovuti alle esercitazioni giornaliere degli aerei che decollano dalla base di Aviano. Aerei che inquinano la nostra aria, la nostra terra e che violentano le nostre vite con il loro rumore assordante. Abbiamo scritto articoli, fatto raccolte di firme, presentato esposti, ma nulla è servito a fermare queste macchine infernali e la logica aberrante che le sottende. Giudici accondiscendenti che archiviano gli esposti; Amministratori che hanno paura a dire una parola di troppo per non inimicarsi le gerarchie militari; Imprenditori sempre pronti a fare i propri interessi calpestando quello comune. E invece di difendere la salute pubblica, il territorio e la vita, si preferisce mettersi sull’attenti e farsi nominare “comandanti onorari”.
E’ giunto il momento anche per noi di alzare la testa. A Vicenza la popolazione ci sta dando un bella lezione di resistenza civile contro l’apertura di una nuova base militare. Come a Vicenza, anche qui ad Aviano e nella provincia di Pordenone, è tempo di manifestare la nostra ostilità allo scempio di territori usati come servitù militari, dimostrando una lungimiranza che sempre appartiene alla popolazione.
Per questo, la proposta della conversione ad uso civile di queste aree, per affermare il diritto a riappropriarci del nostro destino e per essere protagonisti nelle scelte che ci riguardano, è nata da comitati e movimenti, in un cammino che non può che allargarsi e coinvolgere tutti.
Ribadiamo quanto anacronistica e miope sia la politica attuale di molti sindaci che ancora non hanno compreso la necessità di ripensare il futuro diAviano senza questo enorme “buco nero” che la base rappresenta, restituendo questa vasta area nuovamente viva e utile alla collettività.
Non aspettiamo altri Cermis e cominciamo la conversione preventiva!
Comitato Unitario contro Aviano 2000