Bomba nel campo, militari sotto inchiesta (rassegna stampa)

dal Messaggero Veneto di Mercoledì, 14 Novembre 2007
Confermata la presenza di un altro aviere, illeso La bravata in un giorno in cui le operazioni in Base erano state sospese per la “Festa dei veterani”
Uno, 21 anni, potrebbe perdere una gamba. L’altro, 22, operato sino a notte
di ENRI LISETTO
La procura della Repubblica di Pordenone ha aperto un’inchiesta sull’esplosione dell’ordigno rudimentale avvenuta l’altra sera in un campo di Coltura di Polcenigo. I carabinieri della Compagnia di Sacile hanno inviato a Palazzo di Giustizia un dettagliato rapporto su quanto accaduto. Sono intanto migliorate le condizioni di uno dei due militari americani feriti: si tratta di quello che ha perso la mano. Restano invece critiche le condizioni del secondo soldato, che tuttora rischia di perdere una gamba.La dinamica dell’incidente – e soprattutto la risposta alla domanda chi ha costruito che cosa e con cosa – potrà essere chiarita una volta che il pubblico ministero Francesco Giannone avrà sentito i due feriti e il terzo militare, rimasto illeso, ma a quanto pare, anche in posizione marginale.
Da quanto si è saputo, i militari avevano trascorso il pomeriggio insieme a casa di uno dei tre – che abita a poche centinaia di metri dal luogo dello scoppio – perché le attività operative in Base erano sospese per la festa dei veterani. Quindi una grigliata e, forse, l’idea di chiudere la serata in modo “trasgressivo” che poi si è rivelato ben più serio, forse anche solo per una bravata.
I tre, secondo una prima ricostruzione, verso le 22.15 si sarebbero trasferiti in un campo incolto di via Pedemontana occidentale, a Coltura, per accendere l’ordigno rudimentale preconfezionato – che avrebbe anche potuto uccidere se non fossero immediatamente intervenuti gli abitanti del posto a prestare i primi soccorsi ai feriti – e probabilmente realizzato con una miccia troppo corta tanto che l’esplosione sarebbe stata improvvisa e immediata al momento dell’accensione. L’ordigno sarebbe stato delle dimensioni di una palla da tennis, riempita di polvere pirica e chiusa con carta stagnola: saranno comunque i rilievi e le analisi scientifiche dei militari dell’Arma di Sacile e della stazione di Polcenigo a stabilirlo con certezza sulla base dei reperti raccolti nel viottolo posto sotto sequestro. Nel prato incolto, ieri, erano rimasti frammenti di carne umana, numerose macchie di sangue e un cerchio di erba bruciata dov’è avvenuto lo scoppio.
Il militare più grave è Craig James Larcelaire, 21 anni, residente all’interno della Base, ricoverato in prognosi riservata nel reparto di terapia intensiva del Santa Maria degli Angeli di Pordenone, diretto dal professor Willy Pierre Mercante. Ha subìto lo spappolamento della coscia, è in coma pilotato e resterà in osservazione fino a oggi quando i medici decideranno il da farsi: l’ipotesi peggiore è quella dell’amputazione dell’arto.
Christian Charles Ivory, 22 anni, che risiede a Polcenigo, all’incrocio della strada che porta a Mezzomonte, e nella cui casa si era svolta la grigliata, è ricoverato invece nel reparto di ortopedia del nosocomio pordenonese con una prognosi di 30 giorni: purtroppo ha perso la mano destra che gli è stata amputata fino al polso. L’equipé di microchirurgia della mano l’aveva operato fino a notte fonda per rimediare alla devastazione della mano, a causa dello scoppio.
E’ rimasto illeso, probabilmente perché si era allontanato dal posto, il terzo militare, Robin Ennis, 21 anni, militare del 31° Fighter wing – come gli altri due – e residente in Base.
I militari dell’Arma hanno effettuato un sopralluogo nell’abitazione di Polcenigo di uno dei tre non rinvenendo, a quando pare, materiale esplosivo, ipotesi che rafforzerebbe la pista della bravata di una sera finita male.
La procura della Repubblica avvierà, quindi, indagini preliminari: come atto dovuto, dovrebbe iscrivere nelle prossime ore nel registro degli indagati i due avieri feriti per l’ipotesi di reato di lesioni personali gravissime, in attesa di stabilire chi e perché ha fabbricato e fatto brillare l’ordigno e la provenienza del materiale pirico.

Gli Stati Uniti hanno rinunciato alle loro facoltà previste dal trattato di Londra. Il relitto sarà trasferito ad Aviano. Ieri il minuto di silenzio
Gli Usa cedono l’indagine sull’elicottero all’Italia
Resterà di competenza della procura della Repubblica di Treviso l’inchiesta sulla caduta del Black Hawk avvenuta una settimana fa sul greto del fiume Piave, a Santa Lucia, che ha causato la morte di sei militari americani e il ferimento di altri cinque, di cui uno ancora grave. Le autorità statunitensi, infatti, hanno deciso di non avanzare la competenza di giurisdizione sull’inchiesta, almeno per il momento, come previsto dal “trattato di Londra”. La notizia è emersa durante l’incontro svoltosi ieri tra il pubblico ministero trevigiano Giovanni Cicero e una rappresentanza di autorità statunitensi (tra cui il colonello Oswald, l’avvocato militare della Base di Vicenza e il perito americano) nel capoluogo della Marca e durato poco più di mezzora. Il pubblico ministero trevigiano ha inoltre nominato due consulenti – Stefano Benazzi, pilota di elicotteri ed esperto di aviazione e Andrea Torresin, ingegnere meccanico – che avranno 60 giorni di tempo per elaborare una relazione sull’accaduto assieme a un esperto americano. Già accertato che sui cieli dell’incidente, quel giorno, non volavano altri velivoli.
Il relitto del “Black Hawk”, caduto l’8 novembre scorso sul greto del Piave, sarà trasportato nei prossimi giorni all’interno della Base di Aviano da dove era decollato (il via libera è giunto ieri). La procura intendeva trasferirlo a Istrana o Rivolto dove, però, gli hangar sono tutti occupati. I tecnici indicati dalla procura di Treviso avranno libero accesso ai resti del velivolo per poterli esaminare con attenzione.
È probabile che domani i militari superstiti che si trovano nelle condizioni di poterlo fare – ancora ricoverati negli ospedali veneti – siano interrogati dalla magistratura con l’assistenza di personale americano.
Intanto ieri, alle 10, il personale italiano e americano della base di Aviano ha osservato un minuto di raccoglimento in memoria dei sei militari americani morti, i cui familiari sono già arrivati nell’aeroporto pedemontano e sono assistiti, oltre al personale dello squadrone di appartenenza dei caduti, anche da una speciale equipé di supporto psicologico. Un minuto di raccoglimento di tutto il personale dipendente della Base, sia italiano (circa 600 persone) sia americano, compresi coloro che erano impegnati in attività di addestramento.
Davanti al comando italiano e davanti a quello del 31° Fighter wing dell’aviazione americana le bandiere sono tuttora a mezz’asta e lo rimarranno, in segno di lutto, fino a domani.
Ieri si sono susseguite anche le riunioni per preparare la cerimonia commemorativa dei soldati caduti che si svolgerà domani alle 10.30 nell’hangar 1 della Base. Alla cerimonia sono state invitate le autorità istituzionali e militari italiane e, naturalmente, i commilitoni dei caduti e una rappresentanza dell’Associazione dei comandanti onorari Usaf della Base, presieduta da Maurizio Salvador.
Il “servizio funebre” non prevede, come nel passato, la presenza delle salme dei caduti che saranno trasferite nelle rispettive località di residenza delle famiglie dove, singolarmente, riceveranno l’estremo omaggio, anche religioso. (e.l.)

Il panettiere: «Secondo me erano più di tre» «Le ambulanze sembravano non arrivare mai»
I TESTIMONI
Un forte botto, una nuvola di fumo, le richieste di aiuto, in inglese. E’ quanto hanno udito l’altra sera gli abitanti di Coltura di Polcenigo, non appena accaduto l’incidente ai tre militari della Base di Aviano, due dei quali rimasti feriti in maniera seria a seguito dello scoppio di un ordigno rudimentale.
Fabio Del Puppo è titolare del panificio che si trova proprio accanto alla chiesa di Coltura, davanti al teatro dell’esplosione: «Verso le 22.10 – racconta – ho sentito un tuono impressionante e mi sono affacciato alla porta: pur nella notte, ho visto una sorta di nube che si alzava e due persone che urlavano». Siccome lì vicino risiedono anche altri americani, «ho immaginato che fosse scoppiata una bombola del gas in qualche casa, ma ho subito pensato che in pochi secondi quelle persone non potevano essere già arrivate in piazza. E poi le urla provenivano dal campo, dove non ci sono case, solo un orto».
«Mi sono avvicinato alla zona dell’esplosione – prosegue il racconto Fabio Del Puppo – e ho visto un giovane privo di avambraccio destro e sentito che un altro chiedeva aiuto. E’ stato il primo a dirmi che c’era una seconda persona ferita». Prosegue: «Non è che avessi tutto questo coraggio di inoltrarmi lungo la stradina sterrata, poi ho preso la pila e con Michela abbiamo prestato i primi soccorsi anche al secondo militare». La situazione è parsa subito critica: «Abbiamo legato la gamba del giovane, mentre il tempo d’arrivo dei soccorsi sembrava diventato un’eternità».
Conclude Del Puppo: «Erano in tre? Mah, secondo me erano di più, sentivamo invocazioni d’aiuto lungo la strada, ma anche dal campo. L’importante, comunque, è che i due giovani guariscano, anche se non riesco a capire come mai possano aver fatto una cosa simile in quel posto e, magari, non vicino a casa loro dal momento che uno non abita tanto distante e che ha campi attorno a casa sua».
Michela Pusiol, operatrice sanitaria, è stata la prima a prestare soccorso ai due soldati feriti, in libera uscita dal momento che lunedì nella Base erano sospese le attività in quanto “memorial day”, una sorta di festa delle forze armate.
«A bordo strada – spiega la donna – c’era un ragazzo americano, di colore, che invocava aiuto e si era già messo uno spago attorno all’avambraccio sanguinante. Io gli ho messo uno straccio per tamponare la ferita mentre un altro abitante del posto chiamava i soccorsi». Quell’ambulanza che «sembrava non arrivasse mai» mentre Michela “scopriva” che un altro ragazzo chiedeva aiuto.
«Era più all’interno della strada, in uno spazio verde al quale si arriva attraverso una stradina di campagna. L’ho raggiunto con il mio concittadino e la sua situazione era ancora più grave». Ha fatto togliere la cintura al primo ferito e l’ha usata come laccio emostatico sulla gamba «piena di sangue fino all’inguine».
Grazie al pronto intervento di Fabio e Michela e a una buona dose di coraggio, sono state salvate le vite dei due giovani? «Beh, questo non lo so – conclude Michela Pusiol – ma abbiamo cercato di fare il possibile nei soccorsi». (e.l.)

Rc: «Accordi da rivedere». Lega «solidale»
Rifondazione comunista chiede che «siano resi integralmente pubblici e che siano ricontrattrati» gli accordi tra Italia e Usa sulla base di Aviano. Lo affermano, in una nota congiunta, il segretario regionale del Prc, Giulio Lauri, e Michele Negro, responsabile dell’area pace e immigrazione del partito. «Due episodi in pochi giorni – sottolineano – rendono sempre più urgente quello che comitati e associazioni pacifiste chiedono da anni. È paradossale, ma in pochi giorni la sicurezza dei cittadini di questa regione è stata messa in discussione da due episodi collegati alla presenza della Base». Ricordando la caduta dell’elicottero Black Hawk sul greto del Piave e lo scoppio dell’ordigno esploso a Coltura di Polcenigo, i due esponenti di Rc precisano che, pur non essendoci state vittime civili, si chiedono «quali garanzie ci siano che i militari impiegati ad Aviano siano preparati ad operare senza creare rischi aggiuntivi per la popolazione». «Attiveremo da subito le parlamentari elette in Friuli Venezia Giulia – concludono Lauri e Negro – per chiedere al governo perché gli accordi segreti vengano resi pubblici e vengano quanto meno rinegoziati».
Dal canto suo, la Lega Nord «esprime piena solidarietà alle famiglie dei militari americani caduti nell’incidente» di Santa Lucia di Piave, ricordando che la presenza degli Usa «ha garantito libertà e democrazia» in un particolare momento storico e oggi «l’impegno contro il terrorismo islamico».

dal Gazzettino di Mercoledì, 14 Novembre 2007
Lesioni come conseguenza di altro reato (violazioni sull’uso e il trasporto di armi ed esplosivi, ndr): potrebbe essere questa l’ipotesi d’accusa che gli inquirenti dell’Arma, coordinati dal pm Francesco Giannone, potrebbe contestare agli americani coinvolti nell’agghiacciante scoppio del rudimentale ordigno, avvenuto intorno alle 22.30 di lunedì, nella campagna di Coltura (di fronte alla chiesa a valle della Provinciale Pedemontana). Un scoppio terrificante che ha avuto conseguenze gravissime. La deflagrazione ha infatti amputato la mano di Cristian Ivory, 22 anni, che è stato medicato in ospedale a Pordenone (Chirurgia della mano) e giudicato guaribile in 30 giorni. Serie le condizioni di James Larcenaire Creig, 21 anni, che è ricoverato nel reparto di rianimazione, con prognosi riservata. Il grosso petardo gli ha maciullato la gamba sinistra, con frattura del femore e distacco della coscia. Il giovane statunitense deve la vita ad un’infermiera del Cro Michela Pusiol, tra le prime ad accorrere sul luogo dell’esplosione, che è riuscita a tamponare e bloccare la grave emorragia che lo stava uccidendo. «Mi sono trovata di fronte – ha detto – a due situazioni drammatiche». Gli specialisti del "118" hanno fatto il resto. Larcenaire Creig, giunto in ospedale, è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. I medici sono riusciti a riattacargli la coscia, ma resta alto il pericolo del rigetto. In tale caso il giovane potrebbe perdere la gamba sinistra.
Per i carabinieri di Polcenigo, coordinati dal maresciallo Claudio Zambon, tre militari Usa avrebbero raggiunto Coltura (di fronte alla chiesa e a valle della Provinciale Pedemontana) per far scoppiare un grosso petardo che – da quanto dichiarato dagli statunitensi – avevano ricevuto da un commilitone, partito giorni fa per una missione all’estero. Il motivo? Festeggiare un ricorrenza tipica della tradizione Usa (fla festa di Ognissanti degli italiani). Trovata una stradina che porta ad un campo, i tre amici hanno parcheggiato l’auto e hanno iniziato i preparativi per far scoppiare quello che ritenevano essere un grosso petardo. Improvvisamente Robin Emmis, 21 anni – che accompagnava i due commilitoni rimasti feriti – ha avuto un ripensamento. Ha provato a convincere gli amici a desistere, ma senza riuscirci. Si è così allontanato. Appena in tempo. Solo qualche secondo più tardi c’è stato il terrificante boato, che ha fatto tremare gli alberi. Emmis ha poi udito le urla di dolore degli amici e si è aggrappato al cellulare, chiedendo aiuto. Pochi minuti dopo sul luogo dello scoppio, che costeggia la strada provinciali, sono arrivate alcune persone tra le quali l’infermiera del Cro che si è prodigata per tamponare le emorragie dei feriti. Un intervento decisivo al quale deve la vita Larcenaire Creig. Poi sono arrivate le ambulanze, i carabinieri e la Polizia Usa che hanno fatto scattare le indagini. Intanto, sull’elicottero caduto l’inchiesta resterà a Treviso poiché gli Usa hanno rinunciato alla competenza.
Roberto Ortolan

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