LA BASE “AMERICANA” DI AVIANO – Intervento di Augusta De Piero Barbina al Convegno “Gettiamo le Basi”

Il titolo, 'La base americana di Aviano", scelto per gli inviti a questa conferenza, è certamente un po^ provocatorio perché volutamente inesatto. Se avessi correttamente titolato il mio intervento "La base italiana di Aviano". pochi avrebbero identificato l'oggetto del discorso: quella base infatti è nota come americana. Non possiamo in ogni caso affrontare il tema della base 'Itafiana" senza collocarlo nel contesto che gli appartiene e che è quello delle servitù militari di cui dovremo, iniziando, occuparci.

Le servitù militari

Innanzitutto chiediamoci che cosa sono le servitù militari, nel cui contesto si colloca anche il discorso della base di Aviano.

Vi leggo la definizione di servitù come proposta da una legge del 1976 (e vi prego di ricordare questa data che poi richiamerò perché è storicamente importante): "In vicinanza delle opere ed installazioni permanenti e semipermanenti di difesa, di segnalazione e riconoscimento costiero, della basi navali, degli aeroporti, degli impianti ed installazioni radar e radio, degli stabilimenti nei quali sono fabbricati, manipolati o depositati materiali bellici o sostanze pericolose, dei campi di esperienze e dei oligoni di tiro, il diritto di proprietà può essere soggetto a limitazioni secondo le nonne della presente legge.


Quindi la servitù militare, e questo è un dato molto importante, costituisce una limitazione alla proprietà privata, limitazione che può essere imposta per esigenze che noi grossolanamente diciamo connesse alla difesa. Il termine stesso di difesa sarebbe da discutere, ma – consapevoli della sua ambiguità – per il momento accettiamolo. Le limitazioni che le servitù impongono possono essere il divieto assoluto di costruire, il divieto di costruire oltre a una certa altezza, il divieto di mantenere o piantare alberi, addirittura di coltivare (ci sono servitù che impongono anche il controllo delle erbe che crescono spontaneamente sul terreno, a una certa distanza dalle installazioni militari, di qualsiasi tipo esse siano).
La legge citata, in un testo successivamente modificato, precisa inoltre che: 1n ciascuna regione è costituito un Comitato Misto Paritetico di reciproca consultazione per l'esarne, anche con proposte alternative della regione e dell'autorità militare, dei problemi connessi all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico e sociale della regione e delle aree subregionali ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni 0 .
Mi fermo sul significato del termine Comitato Misto Paritetico (che d'ora in poi chiamerò CoMiPar) che dovrebbe essere istituito in ogni regione:

– Comitato Misto, perché è formato da militari e da civili, cioè da componenti designati dal Ministero della Difesa e, per ogni regione, eletti dal Consiglio Regionale;

– Paritetico, perché questi componenti sono in numero pari nei due settori.

II, conuna 4 del citato articolo 1 precisa che "Ciascun comitato, sentiti gli enti locali e gli altri organismi interessati, definisce" la propria competenza in relazione ai problemi che abbiamo elencato, cioè allo sviluppo economico, sociale, territoriale della regione.
1 pareri che il CoMiPar esprime sono obbligatori (perciò il Ministero della Difesa, prima di assumere determinate decisioni in relazione al complesso delle servitù militari deve sentire il Comitato) ma non, ma, se quel parere è stato espresso a maggioranza, prima di prendere una decisione difforme deve sentire la
Giunta Regionale competente per territorio.
vincolanti. Il Ministero della Difesa può quindi disattendere completamente il parere espresso
Questo complesso di disposizioni non costituisce una formalità più o meno interessante, ma significa che i governi della regione e dei comuni e gli enti che vengono obbligatoriamente interpellati, hanno una responsabilità precisa nella conduzione delle opere che attengono alla difesa, evidentemente non nelle decisioni strettamente militari, ma in tutte quelle operazioni di gestione territoriale che al sistema militare sono connesse.
Abbiamo dunque una notevole presenza di soggetti che possono e devono interloquire col sistema ttservitù", e che devono poter essere identificati dai cittadini che si fanno responsabili in questa materia.
Consideriamo ora l'entità delle servitùT io possiedo alcuni dati relativi alle servitù delle province di Udine e di Pordenone, dove oggi risultano asserviti circa 1.215 ha. Tale complesso di servitù viene compensato, con indennizzi ai comuni, o ai privati, secondo i casi, per un totale di 115-114 milioni l'anno, il che significa, secondo un calcolo molto grossolano, che ad ogni campo spettano £ 150.000 l'anno. Si tratta di una cifra ridicola e inconsistente, però importante; infatti, negli anni precedenti il 1976, quando questa legge fu promulgata, il clima popolare di protesta contro le servitù era molto forte: la popolazione si faceva sentire, sia sui vincoli di territorio, sia sui lìmiti imposti dall'esercizio delle funzioni dei poligoni di tiro.
Dopo l'entrata in vigore della L.898, è bastato il piccolo compenso menzionato per far sì che la protesta si bloccasse, anche perché è intervenuto un atteggiamento più elastico dell'esercito che consente di coltivare anche nei territori asserviti, purché l'interessato si impegni ad espiantare tutto qualora se ne presenti la necessità.

I poligoni per le esercitazioni a fuoco

Come dicevo però, oltre alle superfici asservite con vincoli all'uso della proprietà, ci sono i poligoni di tiro. Una volta ce n'erano molti, ogui ne sono rimasti li, affidati all'esercito, dove fanno le loro esercitazioni a fuoco anche i carabinieri e la polizia; altri due poligoni sono assegnati all'aeronautica e, nel 1997, non vi si sono svolte esercitazioni. Esistono infine due zone di schieramento.
Nel 1997 i poligoni di tiro sono stati disponibili per circa complessivi 2.000 giorni di esercitazioni. Quando veniva segnalato ai responsabili militari del CoMiPar che il numero di giornate per esercitazioni a fuoco era molto alto e non si riduceva proporzionalmente alla riduzione delle forze annate, ci si sentiva rispondere che il perfezionamento della tecnologia militare implica un maggior numero di esercitazioni e che dopotutto i terreni su cui avvengono sono degradati. Ciò è vero ed é verificabile. ma è verificabile anche un consistente numero d'incendi in coincidenza con le esercitazioni, perché quei terreni sono ricoperti di sterpaglia la quale diffonde le fiamme anche d'intomo. Esiste un abbondante carteggio fra la Direzione Regionale delle Foreste e le Forze Annate proprio su questa materia. Nell'ultimo documento in mio possesso, che risale alla fine dello scorso anno, la Direzione delle Foreste affernia che le condizioni di sicurezza che le Forze Armate garantiscono n~i poligoni sono appena tollerabili: il rischio incendi quindi c'è ed è riconosciuto.

Al danno provocato dagli incendi si deve poi aggiungere quello del rumore. –

E' vero che il rumore che si produce nei poligoni di tiro è diurno e non notturno, quindi non è così intollerabile come il rumore degli aerei della base d'Aviano, ma è pur vero che, se ci sono persone adulte che "responsabilmente" rinunziano al loro benessere per un'esigenza che riconoscono, quella appunto delle esercitazioni militari connesse alla "difesa", ci sono persone che sono costrette a rinunciare al loro benessere senza poter decidere nulla e queste sono i bambini. La cosa assurda è che per il danno che il rumore provoca ai bambini nessuno protesta, mentre ci sono state vibranti proteste da parte dei cacciatori che non volevano giornate di esercitazioni coincidenti con quelle di caccia, perché questo implicava la temporanea chiusura di sentieri per loro interessanti.

Le zone di schierarnento.

C'è poi un altro problema che è quello delle zone di schieramento che ho citato sopra. Ve lo spiego grossolanamente, perché non sono un ufficiale d'artiglieria, ma sostanzialmente le cose vanno così: nella nostra regione c'è un poligono, quello del monte Ciaurlec, che serve anche per le esercitazioni di artiglieria pesante, che richiedono uno spazio molto ampio fra il luogo di tiro e il bersaglio. Siccome da noi non ci sono ampi territori desertici, fra le due zone di schieramento, che si chiamano il Bando e Marcesinis, postazioni da cui partono i proiettili (che sono costituiti da blocchi di cemento), e il punto d'arrivo dei proiettili stessi, c'è un territorio abitato.

Quando facevo parte del CoMiPar sono riuscita a far compiere un'indagine sugli incidenti connessi alle esercitazioni a fuoco ed è risultato che nel 1988 si è determinato un sinistro proprio nel contest.11 della manovra che ho appena descritto. Sul paese di Travesio è caduto un proiettile: evidentemente 1 tiro era stato mal calcolato e il blocco ha rovinato un'automobile e un tetto. Mi è stato detto "Non c'è ragione di preoccuparsi, si è trattato di un incidente statisticamente irrilevante e comunque nessuno ha protestato". Nessuno ha protestato probabilmente perché il proprietario dell'automobile sarà stato risarcito e forse la casa danneggiata non sarà stata abitata: Travesio infatti è un paese di emigrazione. Quanto all'argomento dell'irrilevanza statistica, mi sembra assai poco confortante data la gravità del rischio.
In ogni caso, anche per ciò che riguarda i poligoni, le forti proteste degli anni '60 si sono ridimensionate e la cultura sottesa dalla legge del 1976, e che ha visto tra i suoi protagonisti anche l'allora Presidente della Giunta Regionale Comelli, ha sortito i suoi effetti.
Comelli nel 1984 in un discorso tenuto in un convegno sulle servitù militari a Firenze dichiarava: "Siamo responsabilmente consapevoli dell'ineluttabilità del maggior carico militare – e delle sue conseguenze – che ci deriva, rispetto a tutte le altre regioni d'Italia, dalla nostra posizione geografica e dalle alleanze scelte dal parlamento nazionale". Secondo Comelli noi avremmo avuto questa responsabilità, l'avremmo dovuta accettare, e lo strumento che l'allora Presidente aveva identificato, sostenuto e teorizzato perché questa responsabilità divenisse accettabile, era appunto quello della monetizzazione che vanificò le proteste.
A questo punto vorrei farvi riflettere su alcune date: la legge istitutiva di questa gestione delle servitù è del 1976; due anni dopo il Friuli-Venezia Giulia aderì all'esperienza di rapporto coi Paesi dell'Est chiamata "Alpe Adria". Con Alpe Adria si istituirono per la prima volta relazioni tra regioni dei paesi dell'Occidente e dei paesi dell'Est, ancorché in prima battuta non del Patto di Varsavia, ma della ex Jugoslavia. Successivamente entrarono anche regioni ungheresi, quindi appartenenti all'allora Patto di Varsavia.
A me è sempre riuscita incomprensibile l'incapacità di certa politica di fare connessioni e sintesi che mancano anche nella vicenda Alpe Adria. Da una parte si continuava a sostenere, addirittura trovando la pillola dolce della monetizzazione, servitù militari ftinzionali al concetto della nostra regione come luogo forte di difesa nei confronti dell'Est, dall'altra si effettuavano contemporaneamente, e con quello stesso Est, rapporti di natura politica di grande valore sperimentale per tutta l'Europa. Infatti alla prima Alpe Adria, che comprendeva la nostra regione, la Slovenia, la Creazia, la Baviera e, se non erro, il salisburghese, si aggiunsero altre regioni, di qua e di là del "muro", però l'esperimento, che aveva una sua significativa valenza, non sfiorava, neppure dal punto di vista culturale, il problema della difesa, degli armamenti, del conflitto. Quindi se da una parte si discuteva, si trovavano elementi di interesse comune (per esempio era stato elaborato un grosso progetto per il &sinquiriamento dell'Adriatico, poi bloccato dalla guerra nella ex Jugoslavia), dall'altra parte si manteneva un ben evidente atteggiamento di conflittualità.

La base di Aviano

Ma veniamo al tema della base di Aviano.

La base di Aviano nacque su di un vecchio aeroporto italiano che fu affidato agli USA, a seguito dei trattati di pace, negli anni immediatamente successìvi alla seconda guerra mondiale. Un ulteriore accordo tra governi, stipulato nel '54, stabilì che gli americani fossero da considerarsi ospiti e che le responsabilità del territorio della Base, non delle operazioni di volo, appartenessero alle Forze Annate italiane. Questo accordo tra l'Italia e gli USA è in parte noto e in parte segretato.
lo ne possiedo una parte, in qualche modo "conquistata", perché quando si cerca di ottenere questo tipo di documentazione la prima risposta è negativa: "Si tratta di segreto niilitare". Alla domanda che ne consegue: "Allora mostratemi il decreto di segretazione" (il segreto infatti non è soggetto all'arbitrio, ma è tale a seguito di una decisione precisa e formalizzata), improvvisamente i muri cadono allo squillo di immaginarie trombe di Gerico e il documento emerge, almeno nella parte nota .
Il documento di cui dicevo è denominato "Memorandum" ed è -stato più volte contrattato fra il governo degli USA e il governo italiano. Il testo del 30 novembre 1993 afferma esplicitamente che l'ufficiale responsabile della Base, del territorio della Base e non delle operazioni di volo, che appartengono all'aeronautica militare statunitense, è il comandante italiano. E l'edizione successiva del Memorandum (2 febbraio 1995) merita di essere letta anche per chi volesse ragionare sulla strage del Cermis. Apro una parentesi: per avere il testo di questo Memorandum i giudici di Trento sono dovuti andare fino a Roma; dopo di che – si è letto – avrebbero incriminato anche il comandante italiano della Base. Non conosco i capi d'accusa, però ritengo che, se ci sono, possano fondarsi sul testo che ora vi leggo, invitandovi a ricordare quanto ho detto precedentemente sulle competenze non solo delle Forze Armate, ma anche della Regione e dei sindaci nell'espressione di determinati pareri.

Dunque l'edizione dei Memorandum del 2 febbraio 1995 precisa:

'L'installazione è posta sotto il Comando italiano. Le funzioni di tale Comando, che sono esercitate da un Ufficiale italiano, variano a seconda che l'installazione sia utilizzata congiuntamente o esclusivamente dalle Forze Armate degli USA. Il Comandante italiano ha piena giurisdizione sul sedime, sulle infrastrutture su di esso esistenti, su tutto il personale italiano militare e civile – assegnato a qualsiasi titdlo all'installazione – e sull'equipaggiamento e i materiali nazionali [ … ]. Il Comandante USA esercita il comando pieno sul personale, l'equipaggiamento e le operazioni statunitensi. Egli deve preventivamente informare il comandante italiano in merito a tutte le attività USA di rilievo, con particolare riferimento all'attività operativa e addestrativa, ai movimenti di materiali, armamentì, personale militare e civile, nonché agli avvenimenti o inconvenienti che dovessero verificarsi. Analogamente il Comandante italiano tiene informato il Comandante USA su tutte le attività nazionali di rilievo. Nel caso ritenga che le attività USA non rispettino le leggi italiane vigenti, il Comandante italiano informerà il Comandante USA e si rivolgerà immediatamente alle autorità italiane superiori per un parere. Le divergenze fra i Comandanti, in merito all'opportunità di intraprendere una particolare operazione, che non possono essere risolte localmente, saranno prontamente sottoposte alle rispettive Superiori Autorità..
Quindi il riferimento ai rispettivi Governi, o ai Ministeri della Difesa dei rispettivi Governi, non è un capriccio o una garanzia offerta in termini generici, ma è obbligatorio: quando i problemi non possono essere risolti in sede locale, i due Comandanti devono rivolgersi uno al Ministero della Difesa italiano, l'altro al Ministero della Difesa statunitense. Ancora una volta dobbiamo rilevare che non ci stiamo aggirando oscuramente nel quadro di un mistero imperscrutabile, ma esistono procedure che hanno il loro iter, che hanno i loro responsabili, e ' nel caso specifico, ci sono anche persone tenute ad esprimere un parere su cui dovrebbe essere adeguatamente infonnata l'opinione pubblica. Anche in questa materia è possibile quindi identificare responsabilmente flinzioni e referenti.

Viceversa nella conduzione della Base, almeno per gli aspetti di competenza del CoMiPar, c'è stata una strana collusione fra il responsabile americano e quello italiano. Non sto evidentemente parlando controllo sulle attività nella Base, gli ufficiali italiani, mostrando un singolare imbarazzo che a me sembrava paura, affermavano che gli americani in materia di rischio applicano con cura straordinaria le nostre leggi e, per maggior sicurezza, anche le loro che sono migliori delle nostre. Non ne faccio un problema giudiziario, che non è di mia competenza, ma non posso non considerarli corresponsabili nella promozione di quella cultura del rischio che non mi sembra estranea alla strage dello scorso febbraio.

La Base produce inoltre inquinamento della terra e dell'acqua.

Le fonti d'inquinamento della terra e dell'acqua sono soprattutto due: i rifiuti umani e gli oli esausti, inquinamento la cui presenza massiccia è esasperata dalla collocazione della Base. Tutti conoscete il fenomeno delle risorgive nel nostro territorio; Aviano si trova sopra una falda, quindi in una zona importante per la salubrità dell'acqua, ma nella Base non ci sono fogne (se non per un piccolissimo tratto): ora il depuratore fognario è in costruzione, dopo una serie infinita di proteste e, per il momento ci si avvale di pozzi perdenti i cui liquami sono periodicamente raccolti da una ditta pordenonese.
Un alto fattore inquinante è dato dagli oli esausti, le cui cisterne di raccolta sarebbero inadeguate- a contenerli per il cattivo stato di conservazione in cui versano. Le continue richieste alla parte civile del CoMiPar di pareri positivi per la costruzione di nuove cisterne sono una prova di tale rischio, e lo sottolineava nel 1997 anche un ufficiale presente alle riunioni, che si opponeva con veemenza alla richieste di maggiori garanzie sui nuovi manufatti, interpretandole come un sistema per ritardare lavori a suo parere urgenti e indispensabili). Qui terminano le mie informazioni perché nel dicembre 1997 mi sono dimessa dal CoMiPar.
Un'altra fonte d'inquinamento, sottoposta tuttavia al controllo dell'autorità sanitaria italiana, è la presenza di petrolio fuoruscito dal bocchettone di un tubo per il rifornimento degli aerei dimenticato aperto. Il terreno fortemente compromesso viene, disinquinato con un processo di bioventilazione, cui provvede il per;sonale del Presidio Multizonale di Prevenzione dell'Azienda sanitaria del Pordenonese e dell'Azienda stessa, che entra regolarmente nella Base.

Le presenze umane nella Base

Ma su questo torneremo più avanti, perché prima voglio indicarvi l'entità del numero delle persone che insistono su quel limitato territorio, limitato ancorché oggi si stia estendendo, perché è stata acquisita anche l'area della caserma Zappalà, vicina alla Base. Ricordiamo che le attività in quell'area non sono solo militari: ci sono infatti banche, negozi, un'infermeria che si vorrebbe trasformare (con metodi impropri per la legislazione italiana) in ospedale, campi da golf e da calcio, scuole, biblioteche, ecc.
Secondo le dichiarazioni del generale -presidente del CoMiPar, vi operano circa 3.500 militari. Dico circa perché parecchi vivono dentro la Base e molti fuori. A questi si devono aggiungere quei militari, ci è stato detto circa 1.000, che erano giunti ad Aviano per le operazioni in Bosnia, militari che ancora sono presenti perché le attività di volo in quella zona continuano e forse aumenteranno, vista la gravità della situazione determinatasi in Kossovo. Quindi abbiamo circa 4.000 persone, legate alle attività che nella Base si svolgono, cui dovete aggiungere, fuori dalla Base, i familiari che, secondo dati ISTAT del giugno del '96, arrivano a 3.700. E' probabile siano di più, perché non è certo che tutti vengano immediatamente registrati. Comunque, con un calcolo prudente sui dati accertati, possiamo dire che ci sono cittadini statunitensi, censiti perché civili, e residenti non censiti perché militari, nell'ordine delle 7-8.000 persone. Di queste, circa 4.000 lavorano e molte vivono, o comunque trascorrono parecchie ore della giornata, dentro la Base. Ecco perché si pone il grosso problema dei liquami che prima sollevavo.
Questa vicenda presenta però un buffo risvolto: a me è capitato di partecipare in parecchie scuole a dibattiti sulla presenza degli immigrati extracomunitari in regione e di chiedere a studenti e insegnanti quale sia da ritenersi la presenza più numerosa. Non mi è mai successo che venisse citata la presenza statunitense. Eppure questi sono immigrati extracomunitari, come sono immigrati extracomunitari i ganesi che frequentano questa chiesa la domenica, come sarebbero immigrati extracomunitari gli svizzeri se mai venissero a vivere qui. Extracomunitario è per definizione colui che è cittadino di un paese che non fa parte della Comunità Europea, oggi Unione Europea.
Ora, se noi contiamo soltanto i 3.700 civili dichiarati dall'ISTAT, gli abitanti degli USA rappresentano la terza presenza di extracomunitari in regione, ma diventano la prima se aggiungiamo i militari che I' ISTAT non censisce.
Voglio precisare che non offro questi dati per astratto piacere statistico, ma perché è chiaro che il numero implica conseguenze nella promozione di politiche attive e le politiche non dipendono dall'immaginazione o dal desiderio, ma dai fatti e devono essere congrue alla realtà che i numeri ci aiutano a conoscere.

Cittadini stranieri e politiche locali

E veniamo ad alcuni rilievi di carattere politico.
Innanzitutto la posizione dello stato nei confronti della basi militari sembra essere, da quello che ho potuto verificare negli anni in cui ho fatto parte del CoMiPar, di assoluto disimpegno, quasi che il governo non sapesse liberarsi da una cultura fatalista e fosse in suo potere soltanto decidere come arrendersi all'ineluttabile.
Vi leggo un passo tratto da un articolo dell'ex ambasciatore Sergio Romano, pubblicato dalla rivista Limes, relativo alla presenza in Italia delle basi agibili per operazioni Nato: 'Ta Nato stessa, [ … ], corre il rischio di diventare il necessario retroterra di una politica americana che non tutti gli alleati europei potrebbero approvare e condividere [ … ]. Per l'Italia esiste un problema particolare rappresentato, [ … ], dall'insolita libertà di cui gli americani godono in territorio italiano. Grazie agli accordi segreti degli anni Cinquanta, l'Italia, fra i maggiori paesi europei, è quello che rischia di dare un contributo determinante, contro la propria volontà e il proprio interesse, alla politica degli Stati Uniti nel mondo arabo e islarníco. Rinegoziare quegli accordi è necessario per l'Europa e per la dignità della politica estera italianá"6.
Lascio all'ambasciatore Romano, oggi opinionista, la responsabilità defla valutazione sulla politica dello stato e passo invece alla politica della Regione, che è un discorso molto arduo da fare, perché se può essere facile parlare di ciò che c'è, è difficile parlare di ciò che non c'è. E la politica della Regione, salvo l'ancor vitale intuizione del già Presidente della Giunta Comelli, che ha spinto per la monetizzazione delle servitù, in questa materia oggi sembra non esistere, apparendo estranea a qualsiasi progettualità.
I capigruppo in Consiglio Regionale, nella passata legislatura, si sono reiteratamente rifiutati di discutere un documento che avevano richiesto alla componente "civile " del CoMiPar (dallo stesso Consiglio eletta) e che questa aveva puntualmente presentato. In quel documento veniva sollecitata anche la necessità che il Consiglio si facesse interlocutore dello stato per una modifica del concetto di servitù militare che sembra orinai anacronistico collegare solo al concetto di proprietà, considerati i danni alla salute e all'ambiente di cui abbiamo parlato. A tale proposito (e non solo a tale proposito … ) gli stessi componenti del CoMiPar avevano chiesto al Ministro della Difesa la convocazione della Conferenza nazionale sulle servitù militari (che la legge del 1976 prevede) ottenendo vacue promesse e conseguenti, indefiniti rinvii.
L'indifferenza della Regione al proprio territorio asservito può essere testimoniata anche dal pareri che gli uffici regionali esprimono in merito ai progetti che vengono loro inviati (in particolare, evidentemente, sui lavori alla base di Aviano).
Di regola í* "competenti" uffici regionali esprimono pareri favorevoli ai progetti che sono loro sottoposti o, eccezionalmente, quando è capitato che esprimessero riserve, lo hanno fatto con un tono così timido da poter essere attribuito solo a persone impaurite.
Il 12/11/1997, dopo aver formulato una valutazione di massima favorevole, così si esprimeva su un progetto concernente lavori da eseguirsi nella Base, la Direzione regionale della Pianificazione Territoriale – Servitù militari: "Si ritiene opportuno sottolineare il fatto [ … ] che le opere comprese nel programma di sviluppo della base aerea … hanno comunque un riflesso significativo nel contesto in cui si collocano e quindi andrebbero verificate e dimostrate nel loro complesso…". Quegli squisiti condizionali facevano seguito a una scheda della competente Azienda Sanitaria che diceva: "… questo Dipartimento non è in grado di formulare alcun parere igienico-sanitario motivato, stante l'assoluta carenza delle Relazioni tecniche e l'inadeguatezza degli Elaborati Grafici allegati" (22/10/1997).
Personalmente ho sempre interpretato queste contraddizioni come una ragione necessaria e
sufficiente per esprimere un    ur ininfluente – voto contrario, nell'isolamento più totale, stante l'indifferenza del mondo politico e associativo
Più grave ancora di quella della Regione mi è sembrata la posizione dei sindaci della zona (uniti dalla leadership del Sindaco di Aviano).
Dobbiamo dar atto ai sindaci di quelle comunità che la loro posizione non è facile.
Di fatto nell'avianese, che è stato abbandonato, praticamente senza alcuna alternativa di altre risorse, all'intervento americano, dove molti ricavano redditi dagli affitti abnornú che ottengono dalle proprie abitazioni e molti, circa 700 persone, civili italiani, nella Base lavorano, non è semplice affrontare il problema della presenza militare statunitense in termini che non suscitino discussioni, ma il problema fondamentale della salute non scompare. Lasciando stare il nucleare e restando alla conduzione quotidiana delle operazioni ordinarie, ci sono dei problemi drammatici che non si sa nemmeno come affrontare.
I medici del Presidio Multizonale e dell'Azienda Sanitaria competente per territorio, incontrandosi con la componente civile del CoMiPar, hanno chiesto di poter ottenere precise inforinazioni sulla natura giuridica della Base, per poter stabilire correttamente i loro diritti: non è né giusto né dignitoso infatti che debbano entrare nella Base per una sorta di gentile concessione americana (che data dallo sversamento di petrolio di cui ho detto prima). Quando è stata richiesta al Ministero la relativa documentazione, questo ha risposto (non so se la beffa sia intenzionale o meno) inviando il testo del trattato istitutivo della NATO. Di fatto ancor oggi nessuno sa quali siano – in relazione alla Base – i diritti e i doveri del personale che è pagato e deputato ad operare per la nostra salute.
E di tutto ciò, per un periodo, successivo all'elezione dell'attuale giunta comunale di Aviano, i sindaci si sono preoccupati, tant'è che il 1981996 il sindaco di Aviano e i suoi colleghi dei comuni limitrofi avevano prodotto un documento che diceva tra l'altro: 'T raddoppio della presenza di americani sul territorio acutizza in modo non tollerabile problemi peraltro già cronicamente esistenti: la grande pressione sul mercato delle locazioni, in virtù del quale molti italiani sono di fatto espulsi dal loro paese, la insostenibile situazione della viabilità (sovraccaricata da traffico militare pesante), l'inadeguatezza di infrastrutture quali acquedotto e fognature, riguardo alle quali i piccoli comuni non trovano risorse per soddisfare le necessità della comunità statunitense".
Sarebbe stato un buon inizio, se non fosse allora cominciata una trattativa fra i sindaci e il governo (e che ha avuto a suoi protagonisti anche il già Presidente della Giunta Regionale e il già Assessore, delegato alle servitù militari), trattativa che si concludeva con la promessa da parte del governo di 20 miliardi da destinarsi alle sole opere di viabilità. Non so se tale promessa sia stata onorata, so però che a questo punto gli stessi sindaci che avevano dichiarato essere intollerabile la pressione della Base su Aviano scrivevano una lettera, datata 16 luglio 1997, e inviata per conoscenza anche al CoMiPar, in cui "chiariscono che sono venute meno le motivazioni che li avevano indotti in passato a mettere in opera quanto in proprio potere per ostacolare gli interventi della base di Aviano".
La vecchia ideologia della monetizzazione per aggregare consenso (elettorale?) non è morta e rende un po' grottesco quanto – e in questo caso inutilmente – dichiara la Legge 8 giugno 1990 n. 142, che definisce i poteri e i compiti dei comuni: 1l comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo".

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