Il caro prezzo dell’economia di guerra

In vista della presentazione pubblica del volume “Dal Militare al civile – la conversione preventiva della base USAF di Aviano – Ricerche e progetti” pubblichiamo un intervento di uno degli autori del libro promosso dal Comitato Unitario contro Aviano 2000. Si tratta della  prima pubblicazione in Italia sul tema della conversione ad usi civili delle basi militari.
L’intervento che segue tratta i temi economici legati alla presenza della base USAF di Aviano.

Quello che viene presentato venerdì pomeriggio alla biblioteca di Aviano, è un testo che fa chiarezza sulla leggenda dei benefici economici della locale base USAF, l’unico mito ad essa collegato che in parte permane, eredità soprattutto degli anni passati: non si possono infatti riscontrare analoghe credenze su altri presunti benefici dovuti alla militarizzazione del territorio.

I documenti ufficiali citati nel volume sono chiari: la base USAF costa centinaia di milioni di euro in tasse, come era in realtà evidente, ma è stato taciuto parlando addirittura, incredibile ma vero, di “vantaggi”. Le migliaia di soldati del governo USA in Italia, ora si sa, vengono mantenuti per circa il 40% con le tasse dei cittadini residenti in Italia, che pagano loro vitto e alloggio potremmo sintetizzare con una battuta. E’ così, attraverso la “condivisione del peso”, facendo pagare  costi enormi ai paesi “ospitanti” (ossia occupati militarmente) che il governo USA può mantenere le sue basi nel mondo. Senza questa pesante tassazione che dura da decenni le basi all’estero non potrebbero operare con tale dispiego di mezzi e potenza. I privilegi e gli sprechi sono molti: riguardano fra l’altro l’uso dell’energia (gratis al 98%), del combustibile, dell’acqua, con sgravi persino sull’acquisto dei beni personali, oltre ai costi aggiuntivi accollati al Comune che poi si è rivalso sul governo. E’ il sistema di privilegi attraverso il quale la professione dei militari in partenza per il fronte viene resa attraente per sostenere il progetto di “guerra permanente”.
Quando la base chiuderà, sempre con le tasse bisogna pagare le cosiddette “migliorie” apportate dalla realizzazione di Aviano 2000 (progetto anch’esso peraltro solo marginalmente pagato con fondi USA), un modo per evitare i costi enormi previsti per le spese di bonifica, la vera incognita della chiusura di una base militare, secondo le stesse preoccupanti fonti militari.
Ma il consenso a queste politiche è in calo anche in Italia, che mantiene ancora delle grandi strutture, che di difensivo non hanno nulla.
Con la chiusura della base a La Maddalena in seguito a proteste diffuse, la forte opposizione in atto alla costruzione di una nuova base a Vicenza, la nascita di nuovi comitati per la chiusura e il recupero ad usi civili di queste strutture giustificare la presenza di basi di guerra è sempre più difficile mentre imperversano le polemiche sulle basi CIA in Europa, sulla prigione di Guantanamo e le migliaia di morti della guerra preventiva.
Le basi USA sul territorio italiano sono ormai dichiaratamente finalizzate ai nuovi attacchi: si fanno persino i nomi dei prossimi obiettivi, forse già programmati a tavolino… Il tutto appare come un progetto separato del complesso militar industriale. Ma le ragioni principali che spingono un numero crescente di cittadini ad opporsi alla basi come quella nucleare di Aviano non sono solo gli sprechi. La principale opposizione alle attività militari deriva dal loro carattere offensivo nei confronti dei civili: sono civili i morti della guerra in Iraq (sarebbero più di mezzo milione secondo una recente stima), civili le vittime delle malattie delle attività militari …
Pochi anni fa i generali USA dichiaravano La Maddalena una struttura irrinunciabile e invece chiude. Quando chiuderà Aviano cosa succederà ai posti di lavoro? All’estero la conversione ad usi civili ha riguardato 8000 siti in tutto il mondo dopo il 1989. Le cifre sono notevoli: dei 500 siti militari in Renania Palatinato ad esempio (132000 lavoratori civili in una sola regione della Germania) in pochi anni più di due terzi avevano già trovato forme di riuso civile. Cosa è nato nelle ex basi all’estero? Un po’ di tutto: attività commerciali, aeroporti civili, centri per le energie rinnovabili, università ed iniziative culturali. Non ci sono elementi per pensare che ad Aviano una conversione preparata non possa portare ad aumentare i posti di lavoro come successo altrove in zone anche molto più svantaggiate. Abbiamo assistito in questi anni a speculazioni e assistenzialismo per sostenere le attività militari ai danni dei civili, ma sappiamo che questa strada è solo un vicolo cieco ed abbiamo molte buone ragioni per avviare la conversione della base anche ad Aviano.

                                                                                                                                         Andrea Licata

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