«Il serbatoio poteva cadere sulla mia auto, siamo in pericolo ogni giorno»

dal Gazzettino di Giovedì, 26 Marzo 2009

Ieri a Brugnera non si parlava d’altro che dei serbatoi sganciati dal cacciabombardiere Usaf. E, per accelerare l’iter dei rimborsi, Marco Bazzo sindaco reggente di Brugnera, ha convocato ieri pomeriggio in municipio Ferdinando Bortolin, alcuni residenti di via Broch e alcuni ufficiali della base Usaf. Un incontro per spiegare come comportarsi per risolvere eventuali contrasti che, ha detta dei proprietari, «non dovrebbero sorgere».
Ma chi martedì pomeriggio ha vissuto attimi di autentico terrore è stata Sara Santarossa, 24 anni, laureata in scienze sociali che, nella famiglia Bortolin, è di casa. «Pochi attimi prima – ricorda la ventiquattrenne – ero con la mia auto proprio nel punto dove è caduto uno dei serbatoi, mi sono allontanata e subito dopo ho sentito un sibilo e il forte boato. Sono ritornata subito indietro e ho visto cosa era accaduto. Non oso pensare cosa sarebbe successo – continua la ragazza indicando l’abitazione di via Broch – se il serbatoio fosse caduto qualche metro più in la o in una delle numerose abitazioni limitrofe».Subito dopo sul posto dell’incidente sono arrivati i carabinieri di Sacile, la Polizia militare statunitense e i vertici dell’aviazione italiana, che comanda l’aeroporto Pagliano e Gori dove è dislocato il 31. Fighter Wing. Delimitata l’area, gli statunitensi hanno portato via i resti del serbatoio e poi hanno messo in atto la medesima procedura in via Prata. Stigmatizzando l’accaduto, Sara Santarossa esprime alcune perplessità sulla presenza della base Usaf. «In questo caso – conclude – non si sono verificati danni a persone. Ma, essendo la zona vicina all’aerobase densamente popolata, quotidianamente c’è il pericolo che accada l’irreparabile».
E, per quanto riguarda Ferdinando Bortolin, due anni fa venne incornato da un toro di sua proprietà che lo ridusse in fin di vita. Fortunatamente se la cavò. «Ma ora il serbatoio ha sfiorato la mia casa con dentro i familiari, spero che la sfortuna sia finita».
Romano Zaghet

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